CO2, emissioni e impronta ecologica
Le emissini di CO2 sono un indice della impronta ecologica di una aziende che se molto virtuosa avrebbe diritto al riconoscimento di certificati verdi.
I certificati verdi potrebbero (o dovrebbero) essere una misura dell’ecocompatibilità dell’azienda, migliore dell’uso “banalizzato” di combustibili fossili.
Il problema dei certificati verdi è molto complesso e servirebbe a incentivare , anche economicamente, le aziende più virtuose.
Non andrebbe troppo a discapito di chi è “costretto” a inquinare per processi produttivi perchè potrebbe, con regole di mercato, comprare quote che “abbuonino” l’inquinamento maggiore dello standard regolamentate come certificati verdi.
Diventa una complessa manovra che porta a incentivare le energie rinnovabili <o presunte tali> gradualmente, mirando a ridurre le emissioni globali gradualmente.
In Italia “funzionano” comne certificati verdi solo per la produzione energetica ma un grande passo avanti sarebbe generalizzarne l’uso.
Se già è difficile adesso valutare l’impatto di un fornitore energetico (e solo sulle rinnovabili o presunte tali) valutare tutte le imprese diventerebbe un’opera titanica.
Parallelamente si ricorre all’impronta ecologica che, banalizzando, dice quanti pianeti necessiterebbbero per il nostro stile di vita.
Esistono tool di valutazione che danno risultato impressionanti per il nostro stile di vita.
Se però, settore per settore, si iniziassero a valutare gli impatti per azienda o città si vedrebbero risultati interessanti, che andrebbero però standardizzatio in certificati verdi.
Una azienda di trasporto pubblico che usi al 50% veicoli a metano è certamente meglio di chi usa diesel al minor costo, facendo lo stesso lavoro.
Forse se si associasse a ogni attività oltre il bilancio economico anche un bilancio ecologico rigoroso, su parametri standard, si potrebbe avere un inizio di valutazione dell’azienda globale.
In un forte periodo di crisi ben difficilmente le aziende virtuose potrebbero “vendere” certificati alle meno virtuose (magari in maggior crisi economica).
Però graduare gli aiuti anche governativi o comunitari prediligendo, con scelta politica:
- prima le più virtuose
- prima le più inquinanti
sarebbe un inizio.
Non penalizzante per nessuno se a fronte di non ricevere aiuti per l’innovazione si avessero più fondi “normali”, ovviamente dando un termine massimo oltre il quale non si potranno che privilegiare le imprese più virtuose.
Anche in termini di mobility management sarebbe utile avere un valore “strandard” di
- azienda propriamente detta
- mobilità dell’azienda
- mobilità dei dipendenti
Anche in questo caso si potrebbero offrire “incentivi” anche immateriali alle aziende che fanno di più e gli incentivi potrebbero essere i certificati verdi.
Distinguo volutamente l’azione dal risultato in quanto il risultato del mobility managemenbt spesso dipende da cause non del tutto gestibili dall’azienda.
Una azienda in area urbana ben servita dai mezzi pubblici, con orari flessibili può raggiungere molto facilmente l’eccellenza più di un impianto industriale decentrato, servito poco o male e con orari rigidi o lavoro su turni.
Ma se tutte le azioni possibili vengono prese e tentate una valutazione “obiettiva” che “pesi” sforzi e risultati sarebbe possibile.
Ci si chiede chi venga penalizzato dalla non regolamentazione.
In genere le aziende eccellenti in mancanza dei certificatio verdi che vengono trattate alla pari delle meno attive.
Conosco casi in cui Enti molto noti non rendono neppure note le loro attività a favore della mobilità; qualche mobility manager si dovrebbe sentire chiamato in causa…
Spesso queste aziende hanno attivo
- car pooling
- gestione flotte
- veicli elettrici
- car sharing
- bike sharing
- biciclette elettriche
- accordi di favore con trasporto pubblico e car sharing per i loro utenti
- la gran parte della flotta di servizio altamente ecologica o a gas
- hanno già ridotto la flotta secondo le direttive del Governo
Io trovo veramente “strano” che queste aziende non divulghino le loro buone pratiche, attività che in passato hanno dimostrato di saper fare.
I certificati verdi sarebbero un metodo di riconoscere a queste eccellenze almeno un riconoscimento formale in attesa che diventi sostanziale.
Per esempio si sa l’emissione media del parco circolante di auto in Italia e si può calcolare quanta CO2 (anidride carbonica) si può risparmiare con l’uso di
- una flotta ecologica o elettrica
- la gestione flotte che riuduce il chilometraggio percorso e lke vetture
- il car sharing
- L’uso della rotaia (ferrovie)
- l’incremento dell’uso della bicicletta
- il bike sharing
- il van sharing
molti di questi player indicano il risparmio in fattura o nei biglietti.